ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Santa Maria Nuova,
la più antica chiesa
della città dei papi
>>> di Andrea Bentivegna <<<
23/05/2015 - 00:00

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Dovevano essere persone pratiche gli artigiani viterbesi attorno all’anno Mille se costruendo una chiesa decisero tuttavia di incastonarci, nel bel mezzo della facciata, un bassorilievo raffigurante Giove, il padre di tutti gli dei romani.

Eppure quel volto marmoreo con lunghi capelli e barba folta era bello e, nonostante fosse di origine pagana, non occorreva un grande sforzo per vederci il volto di Cristo e quindi si dimostrava perfetto per quella facciata.

Intorno al 1080 fu eretta Santa Maria Nuova, oggi la più antica chiesa di Viterbo, denominata ''Nuova'' perché edificata sulle rovine di una più antica, a sua volta sorta su un antico tempio romano del quale, con tutta probabilità, fu salvata proprio la testa che osserviamo ancora sopra la porta odierna.

L’edificio è splendido, austero, sobrio ma assolutamente affascinante, e denota chiare testimonianze dell’architettura longobarda che si possono cogliere, oltre che nell’attiguo chiostro, soprattutto nei triplici absidi che plasmano la parete posteriore a conclusione delle tre navate della basilica.

Assolutamente ragguardevole è poi l’apparato pittorico conservato all’interno, dove si possono ammirare il Trittico del Salvatore, posizionato nell’abside laterale, e soprattutto gli affreschi della navata destra dove, adiacenti, si trovano due raffigurazioni della crocifissione. Sono solo apparentemente molto simili, dal momento che, quella di destra è opera di Matteo Giovannetti, nome sconosciuto ai più, che però fu un’artista viterbese di grandissima importanza, allievo si Simone Martini e grande amico di Francesco Petrarca e che lavorò anche nel Palazzo Papale di Avignone.

Esternamente, sulla piccola piazza, che un tempo era una delle principali della città, possiamo osservare un pulpito di peperino posto sull’angolo della chiesa. Fu proprio dall’alto di quest’esile podio di peperino che nel 1266 San Tommaso D’Aquino predicò, convincendo i viterbesi a stipulare la pace con gli orvietani. Oggi questa delicata struttura è protetta con una grata metallica poiché, non molti anni fa, un distratto automobilista durante una manovra, la urto facendola rovinare a terra. Un evento sconcertante ma, ahimè, ancora oggi possibile visto che, nonostante i divieti, non si riesce ancora ad impedire che la piazza sia un parcheggio.

Alle spalle della chiesa, attraversando un’angusta porta, si giunge, quasi inatteso, a uno splendido chiostro, un tesoro viterbese venuto alla luce soltanto nel 1954 e che ha richiesto una lunghissima e difficilissima opera di restauro durata diversi anni.

Il chiostro è oggi visitabile grazie alla passione di due persone, i coniugi Tonnicchi, che ogni giorno, silenziosamente, si prendono cura di questo luogo e accompagnano i visitatori alla scoperta di questa antica perla raccontandone l’affascinante storia. Sono loro l’esempio più sincero dell’amore per questa città, due persone che offrono a Viterbo un piccolo grande servizio per il quale, in quest’epoca di oblio, tutti noi dovremmo essere grati.





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